Con l’arrivo del nuovo anno ho intenzione di continuare a parlare di argomenti legati al digitale ponendo sempre sempre più l’attenzione su singoli termini o concetti ormai familiari per l’ottico di oggi. La prima parola scelta è “algoritmo”. In questo articolo ti parlerò proprio di questa parola che ormai si insinua agevolmente nelle discussioni quotidiane e più precisamente dell’algoritmo miope.
Sentiamo parlare di algoritmo quasi ogni giorno, in qualsiasi settore e a qualunque livello culturale, perchè alla portata di tutti. Dai telegiornali ai social, dall’articolo sul quotidiano ai commenti nei bar, sembra la spiegazione per ogni tipo di fenomeno che abbia una certa riconoscibilità a livello sociale. Per la serie, è sempre colpa dell’algoritmo!
L’algoritmo: cos’è questa entità virtuale
Chi ha potuto seguire un professionista del marketing strategico durante un briefing avrà probabilmente ascoltato definizioni poco benevole di algoritmo. Questo succede soprattutto in relazione alle campagne che puntano a offrire visibilità a un’azienda o a un centro ottico, ma sono condizionate proprio da questa entità virtuale.
Tuttavia è bene dare una forma e una spiegazione corretta di un algoritmo per poterne comprendere il reale significato e poterlo gestire senza subirlo. Si definisce quindi “algoritmo” quell’insieme di istruzioni che permettono di eseguire calcoli e rispondere a quesiti sull’argomento trattato. Ha una struttura precisa ed è in grado di offrire risposte molto concrete, ma spesso può rivelarsi anche impreciso. Possiamo parlare addirittura di algoritmo miope.
L’algoritmo può essere miope?
Proprio così, l’algoritmo può essere miope. Quando si effettua una ricerca su internet, che sia Google, YouTube o TikTok, per citare alcune piattaforme, i risultati vengono sempre filtrati da informazioni e cronologie passate e memorizzate dallo strumento. Il motore di ricerca fornisce risposte tenendo conto di ciò che gli è stato trasferito nelle precedenti search.
Normalmente le ricerche risultano molto utili e soddisfacenti grazie al funzionamento sempre più impeccabile del cuore pulsante, l’algoritmo. In altre parole, ciò che decide la risposta o la proposta di contenuti è un’entità virtuale di cui tutti parlano, cioè l’algoritmo, ma che nessuno considera essere in alcuni casi un grande limite.
L’algoritmo ci rende miopi?
Se si analizza l’algoritmo per la sua capacità di utilizzare la geolocalizzazione, il servizio è eccellente. I primi risultati, infatti, forniscono una risposta esaustiva e precisa. Tuttavia, per ricerche molto più frequenti o nella consultazione libera di contenuti come avviene sui social, la situazione potrebbe essere ben diversa.
La motivazione è legata al fatto che l’algoritmo imposta una fruizione limitata e vincolata a ciò che ha memorizzato in merito alle preferenze dell’utente attraverso le precedenti ricerche. Per essere ancora più chiari, un utente che spesso naviga in cerca di notizie di calcio, difficilmente si ritroverà nel feed il video di una cuoca che prepara un piatto alla carbonara.
Questo tipo di sistema, per quanto efficiente in alcune circostanze, circoscrive le opportunità di conoscenza: è quanto metaforicamente si può definire come miopia indotta da un algoritmo, ovvero l’impossibilità di vedere oltre un certo punto qualcosa di potenzialmente interessante. Tempo fa ti ho parlato dei “presbiti digitali” ricordi? L’argomento era un po’ diverso ma ti consiglio di dare una lettura per comprendere quanto il mondo digitale possa essere in grado di condizionarci nelle nostre scelte.
Come difendersi dalla “miopia da algoritmo”
Esiste un metodo per difendersi da tale sistema a tratti penalizzante, ma richiede un po’ di pazienza e dedizione. Si può partire dalla navigazione in incognito sui browser di internet fino alla personalizzazione di quei parametri di tracciamento che consentono alle piattaforme di registrare informazioni preziose degli utilizzatori.
Spesso non ci si fa caso a questi aspetti, ma una volta compreso che il rischio è esporsi a una lenta “progressione miopica” in senso cognitivo e culturale, la possibilità di intervenire con un sistema correttivo c’è.